Nel dicembre 1981 mi hanno presentato la dottoressa Rosalia Bonito Fanelli, esperta di tessuti, che insegnava con grande competenza all’Istituto Buzzi, trasformato oggi nel Museo del Tessuto di Prato: “Si legge, nell’insieme delle opere esposte, una loro precisa collocazione in una cultura dove la concorrenza della macchina è ancora inavvertita, dove l’oggetto dura nel tempo, dove questi “lavori femminili” sono la manifestazione concreta di una secolare tradizione toscana”.

e la studiosa americana Anne Bahrenburg Barbetti:

L’Arte del ricamo in Italia risale ai tempi degli Etruschi e dei Romani. Ma molto poco è stato studiato perché è sempre stata un’attività di carattere pratico e comune.

In questo campo ci sono dei capolavori come il paramento di San Giovanni (Museo dell’Opera del Duomo), ora ridotto a piccoli pannelli, a cui ha lavorato nel Quattrocento una équipe di uomini per 26 anni, su disegni del Pollaiolo.

Questi ricami della Sig. Elena Salvini Pierallini sono probabilmente i lavori più originali in questo campo oggi e si riallacciano alla tradizione fiorentina di “dipingere con l’ago”, come diceva Vasari in riferimento al sunnominato paramento. Tutti possono ricamare; ma i risultati, se manca l’assistenza di un’artista, sono ben diversi.

L’Arte del ricamo ha grande varietà di scopi e di realizzazioni.

Manca uno studio attuale che approfondisca l’argomento; la materia è tutta da rivalutare specialmente in Italia. L’attività di questa ditta di ricamo a mano, sia per la qualità dei materiali, sia per i soggetti che si ispirano a fonti così illustri, sia per le difficoltà superate merita un riconoscimento particolare.

“II pitturare d’ago fu proprio una specialità fiorentina.

La storia del ricamo in Italia, è legata all’arte più che in ogni altro paese… ”.

(da “Needlework” di Bridgeman e E. Drury, Paddington Press, 1978)

La dottoressa Anne Bahrenburg Barbetti ha seguito con simpatia i miei tentativi e mi ha aiutato procurandomi contatti preziosi. È rimasta coinvolta dalle mie ricerche, dalla mia attività e ha studiato per laurearsi in Storia dell’Arte con una tesi sul ricamo. Avrebbe voluto occuparsi della mia esperienza e di quella di mia madre ma all’università le assegnarono una tesi sugli splendidi ricami del 1300 e del 1400, etc. In quei secoli i disegni erano preparati da pittori famosi e i ricami venivano eseguiti da gruppi di ricamatori. Il ricamo toscano con pochi altri esempi al mondo (ricami di Bayeux, ricami religiosi inglesi e ricami cinesi) era ritenuto uno dei più alti esempi di manualità umana.

In quel periodo ebbi come sostenitori Fanny Lazzi, Alfo Carapelli, Padre Parenti e molti altri. Varie volte ho esposto al Palazzo Borghese presentata da Sarah Borgiotti, da Liliana Alphandery, dall’architetto Alberto Boralevi e ho potuto apprezzare la simpatia suscitata in diverse associazioni femminili.

Liliana Alphandery, articolo sulla Rivista Internazionale HALI, Firenze, 1981.

“L’arte di dipingere con l’ago”

(…)

Di fronte ai pannelli di Elena Salvini, questa fiorentina che da anni porta avanti una tradizione familiare nel campo del ricamo lo stupore è la prima reazione, seguita dal piacere di riscoprire certe atmosfere che vengono ricreate attraverso personalissime rielaborazioni di capolavori antichi.

Questi lavori sanno, come accade per certi levigati bassorilievi, suscitare l’interesse anche tattile oltre che visivo.

Una macchina potrebbe, riducendo sensibilmente i costi, riprodurre per grandi quantità questi pannelli, ma non ne ricaveremmo le stesse sensazioni.

Nel lavoro manuale è possibile sentire la personalità di chi lo ha prodotto attraverso i mille particolari di scarso valore, presi a sé stanti, ma che nell’insieme costituiscono un “vissuto” incomparabilmente più palpitante di un’opera tecnicamente ineccepibile, ma priva di carattere personale.

Finché si continuerà a produrre, magari andando controcorrente, opere come queste non perderemo l’amore per la manualità, senza la quale, come dice il Berenson, “La gioia del lavorare sarà finita”.

Il Comune di Prato aveva preparato una pubblicazione con foto e testo della professoressa Maria Grazia Ciardi Duprè dal Poggetto

“Un’arte di secoli”

Oggi si ricorda con una certa fatica (anche nel campo degli studi storico- artistici) che il ricamo è stato una delle grandi manifestazioni artistiche del Medioevo: basti ricordare il celebre “arazzo” della Cattedrale di Bayeux, le sete ricamate bizantine, i piviali inglesi del Duecento, i paliotti fiorentini del XIV secolo, i paramenti sacri del Rinascimento.

In questi capolavori, il ricamo è in tutto analogo, sul piano del significato e dell’importanza visiva, ai vari aspetti dell’attività pittorica; dalle misure che, come nel caso dell’arazzo di Bayeux, possono essere molto grandi, ai temi rappresentanti storie e figure, gli stessi problemi compositivi, disegnativi e di colorito. Rispetto alla pittura, il ricamo possedeva spesso materiali e tecniche diverse: cioè determinava risultati specifici, carichi di effetti molto raffinati, mediati e ricchi di suggestione.

Zodiaco alla finestra, ESP 1982-1986 quadri cm 50×47, ricamo e pittura su tela di lino ispirato alle vetrate del Duomo di Losanna. Per dipingere di blu il lino ecrù ho utilizzato un sottile pennello di martora che mi ricordasse l’uso dell’ago.
 

Dopo il Rinascimento – nel quale anche quest’arte sembrò segnare un culmine rimasto insuperato (si pensi ai ricami per il parato di San Giovanni, disegnati dal Pollaiolo, ora nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze), esso ha perduto lentamente la sua autonomia e la sua importanza, riducendosi ad un’arte applicata, ad una funzione solo decorativa, prevalentemente legata alla rappresentazione di fiori e frutta. Tuttavia, sul piano tecnico, esso mantenne la sua antica grandezza, raggiungendo anche limiti virtuosistici, riuscendo a realizzare risultati analoghi a quelli delle principali tendenze della pittura coeva che si succedettero durante il Sei e il Settecento, dal Naturalismo al Rococò. Nell’Ottocento assistiamo ad un fenomeno per un verso riduttivo, per un altro invece molto interessante. Se da un lato il ricamo diventa un’attività tipica della donna – che vi si applica soprattutto prima di sposarsi, per preparare il proprio corredo – dall’altro, verso la fine del secolo, si delinea una certa coscienza delle qualità figurative del ricamo e della sua autonomia.

Nascono così i quadretti e quadri ricamati (anche in questo caso si tratta di lavori femminili), per i quali esistono dei modelli pronti di paesaggi, vedute di strade e di città, che esistono ancora presso tante famiglie, ma che nessuno finora si è curato di raccogliere perché ancora non se ne è compresa l’importanza, quale possibile premessa per un recupero dell’autonomia del ricamo: un recupero che di fatto purtroppo non si è verificato, né nell’ambito dell’Art Nouveau né del Modernismo, tantomeno delle avanguardie storiche né successivamente. In realtà la radicale trasformazione della società, dominata dalle nuove leggi economiche (divenute imperativi morali) del consumo, della produzione, del costo del lavoro e della conseguente identificazione dei valori tempo e denaro, ha portato all’esclusione del ricamo dalle manifestazioni creative della civiltà contemporanea. Il ricamo esige una perfezione che si ottiene soltanto dopo anni ed anni di applicazione e che vuole tempi lunghi. Oggi coltivare il ricamo è pertanto un atto di ribellione contro i condizionamenti del consumismo, una riaffermazione dei valori fondamentali dell’uomo, un atto di fronda e al tempo stesso una manifestazione di coraggio e di speranza.

Da queste brevissime considerazioni già emerge, quasi in controluce, l’importanza di una presenza come quella di Elena Salvini Pierallini. La sua opera e la sua personalità hanno caratteristiche tali da farci comprendere come ella abbia ripercorso culturalmente le vicende qui tracciate; come le abbia meditate, traendone la convinzione di proseguire con tenacia nella rivalutazione del ricamo in senso moderno e vitale. Ella è ammirevole sotto molti punti di vista: anzitutto per la sua bravura e per le sue qualità creative, che ogni visitatore potrà apprezzare in mostra nei suoi ricami che ci narrano il calendario, storie di dame e di cavalieri, immagini e storie sacre, i segni zodiacali… La fede della Salvini Pierallini nell’autonomia e nella validità artistica del ricamo è assoluta; e ciò le ha permesso di affinare e di variare l’uso delle tecniche e dei materiali, raggiungendo risultati sempre più complessi e sofisticati. Non meno ammirevole è il suo coraggio nel proporre un tipo di arte così “fuori moda”, e di presentare un recupero globale e senza compromessi della sua grande tradizione, dalla quale ella ha imparato ad attingere ad altre arti (miniatura, pittura, oreficeria, arazzi…) i modelli compositivi, nella certezza di trasformarli comunque in modo originale attraverso i materiali e le tecniche diverse. Logica conseguenza di questo recupero è la tendenza a creare interi cicli narrativi, a impadronirsi di composizioni molto vaste, articolate e complesse. Elena Salvini Pierallini non esita ad utilizzare anche modelli illustri e notissimi, talvolta logorati dall’uso: in tal caso li trasforma in modo squisitamente “naïf”. Questo modo di essere è un atteggiamento fondamentale dell’uomo quando vuole comprendere – ma non accettare acriticamente – il mondo che lo circonda. Anche la necessità di ritrovare le proprie radici culturali, di riappropriarsene in attesa di trovare interlocutori – prima, pochi; ma a mano a mano sempre più numerosi – è molto attuale. Trovare molti interlocutori, in sempre maggior numero. È un augurio che facciamo a questa artista del ricamo, che ha già percorso tanta strada da sola”…

charles
Giuoco del Polo, ESP 1988. Realizzato per il compleanno del Principe Carlo d’Inghilterra su commissione di Ronnie e della mia cara amica Gaynor.
9 dicembre 1996
Cara Elena,
non finirai mai di sorprendermi!!
Ti ringrazio vivamente per avermi inviato il tuo volume, bello interessante, eseguito con la massima cura, in stampe e confezioni eccellenti.
Auspico che abbia il successo che meriti e che molte persone possano ammirare i tuoi ricami unici al mondo, e tessano i tuoi elogi. Sembra veramente impossibile che in quest’epoca frenetica e stressante, vi sia qualcuno disposto a mantenere gelosamente le antiche tradizioni e trasmettere in tal modo una passione, dai più dimenticata, qual è il ricamo per la donna. Nessuno può sognare d’imitarti né come gusto, né nella bravura e la composizione di disegni e colori, ma pensarci quanto è bello per la donna, lasciare di tanto in tanto i fornelli e prendere l’ago in mano.
I più fervidi e vivi Auguri a te e ai tuoi, per le prossime Feste. Ti abbraccio con sincera amicizia e ammirazione e ancora grazie.
Teresa
Scusa la calligrafia ma sono tutt’ora a letto!!
lettera
Una delle lettere ricevute dalla marchesa Teresa Stiozzi Ridolfi.

Maggiori descrizioni, documenti e scritti si trovano nel libro Si starà a vedere – parole sui passi , Altralinea Edizioni. Contattare l’architetto Beatrice Pierallini per questo e altri libri di ESP.