Nel giugno 2007 con l’aiuto di mia figlia Beatrice abbiamo pubblicato il libro Borse nere.

La mia intenzione era di donare questo libro ad alcuni artisti e scrittori invitandoli ad eseguire un loro intervento nelle ultime pagine lasciate libere a questo scopo.

Speravo che con il tempo si sarebbero potuti organizzare incontri in spazi significativi.

Il libro è costruito come i miei “Libri in piedi”, con la stessa modalità di apertura a fisarmonica.

All’inizio del libro sono stampati gli interventi del prof. Paolo Chiozzi antropologo visuale, delle scrittrici Maria Pia Moschini e Luciana Floris e del giovane studioso Paolo Celi.

“Ai miei Libri in piedi

LA

SPERANZA

DEL

PASSO

BORSE contenitori

di

pensieri immagini ricordi progetti

di

rabbie paure nostalgie

di

colori e bellezza”.

Paolo Chiozzi, SE CREDE DI POTERMI SPAVENTARE SI SBAGLIA, 2007

Condivido la convinzione di Elena Salvini Pierallini secondo la quale la borsa nera è sì buia, dal momento che in essa vengono racchiusi i nostri pensieri ed i nostri ricordi, le nostre paure e la nostra rabbia, che non possiamo (o non vorremmo?) condividere con alcuno; tuttavia la borsa è come la porta, che necessariamente si chiude e si apre. Non a caso il nume al quale la porta (ianua) dava il nome, nell’antica Roma, era il bifronte dio Giano, la divinità dei passaggi. La porta, come ebbe a scrivere Georg Simmel, “rappresenta in modo decisivo come il separare e il collegare siano soltanto due facce dello stesso e medesimo atto”.

Maria Pia Moschini, NERO (viaggio per uno stormo di borse- rondine) 2007

Ed ecco che lei, l’artista, ELENA SALVINI PIERALLINI, veloce nei transiti, nelle migrazioni, alata persona che fugge ma vola, sorvola e comprende dall’alto il flusso delle immagini, della sostanza che rende la vita simile ad azione ricomposta, vi accoglie, borse del tempo atipico, come presenze abitate da libri.

Luciana Floris, UN SIMBOLO DEL NOMADISMO, 2007

Le borse di Elena Salvini Pierallini sono il simbolo del nomadismo, condizione esistenziale che caratterizza la postmodernità. Un nomadismo leggero, che richiede di scegliere l’essenziale da portare con sé: libri, fotografie, idee, fantasie, progetti. Una ricchezza nascosta che diventa portatile, pronta ad accompagnarci ovunque. Lasciata alle spalle l’appartenenza stretta a un luogo, invitano a fare esodo dalle proprie certezze, a ribellarci a verità precostituite, a errare portando con sé le proprie irrequietezze. Simbolo della mobilità, della precarietà che segna il nostro tempo, dicono il desiderio di partire, non per raggiungere una meta, ma per il puro piacere di andare.

Paolo Celi, ESPERIENZE DA RESTITUIRE, 2007

Elena Salvini Pierallini arricchisce con un immaginario friederichiano di orizzonti aperti (un’allusiva suggestione emana dalle vedute lunghe dalla costa dell’isola di Capraia) e di sublime naturale.

Bisognerebbe avere visto e, magari, sfiorato con le dita, quella paziente raccolta di frammenti, quel repertorio d’infinito (prendo in prestito un titolo da Giovanna Fozzer) che affolla la casa in Via Masaccio, per fare esperienza di una storia che è innanzitutto racconto dei dettagli; una pietra o la sua sezione, i brani di una corteccia centenaria disegnano labirinti inaspettati, strade e tempo. E ci si perde ad inseguire un filo (un’esperienza, una vita di relazioni) nell’intreccio numeroso, folto.

borse nere
scandicci
libro nero
come rondini

Lara-Vinca Masini

Quel che colpisce di più di Elena Salvini Pierallini è la dedizione totale, ostinata, onnipresente, al suo “fare arte”. Ed è un “fare” che coinvolge tutta la sua vita. Tutto quel che la circonda fa parte del mondo di questo suo “fare”. Che è, comunque, sempre tratto dalla sua vita, sia da quella privata di tutti i giorni, col marito, che l’ha sempre incoraggiata e seguita con amore, comprensione e intelligenza, con le figlie, che fin da piccole hanno arricchito di vitalità e di colore il suo vivere, con lo scorrere della vita quotidiana nella sua casa, dalla sua cucina, che ogni piccola cosa, dalle colorate verdure alle pillole di vitamina ha aperto alla luce i suoi colori, gli odori, i sapori…, alle stanze nelle quali legge, raccoglie materiali e memorie destinati a far parte delle sue composizioni, delle sue continue ricerche, delle sue fotografie, perfino dal lungo corridoio che conduce alla cucina, dove Elena raccoglie e dispone, in un ordine perfetto, una miriade di piccoli elementi sempre tratti dalla natura, sassi, rametti, reperti vari, scelti sempre in base alla rarità, casualità e bellezza della forma, che ha raccolto e continua a raccogliere durante le sue lunghe passeggiate lungo il mare, in campagna…, nei viaggi attraverso i quali insegue, col marito, il presentarsi in musei e gallerie delle esperienze più vitali dell’arte contemporanea, le testimonianze artistiche del passato in un continuo anelito di crescita e di appagamento culturale. Anche le tecniche che essa usa per creare i suoi lavori sono varie e complesse: dall’assemblaggio in composizioni di elementi naturali (foglie secche divenute trame sottili, gusci quasi evanescenti, rami, bacche…entro buste trasparenti, a leggerne le due facce), in una tessitura meditata e “filosofica”, spesso legata ad un filo, che si dà, sempre, come racconto relativo allo svolgersi del viaggio della vita, ad una temporalità unificatrice, in certo senso anche ordinatrice. Mi vengono in mente le “vie dei canti” degli aborigeni australiani, che il libro omonimo di Chatwin – e le mostre di opere straordinarie, sempre legate al “tempo del sogno” degli stessi aborigeni – ci hanno fatto tanto amare. E penso al brano di Chatwin che cita il racconto di una vecchia nocchiera che spiega come anche il viaggio per mare fosse guidato dai canti. E alla domanda. “E per tornare indietro?” rispondeva: “Bastava cantare il canto alla rovescia”…

Questo è il “tempo del sogno” che anche Elena insegue ancora, coi suoi “Libri in piedi”, libri d’artista che si snodano a soffietto, rivelando i loro segreti tesori; altri libri dove il filo unisce piccole composizioni con elementi naturali, fotografie che sono insieme opere e ricordi. Penso, tra gli altri, a Reti su gli occhi (quel fagotto sono anch’io) (sul burka e sulle donne afgane, 1998), La luna nell’armadio (le mie stanze), (1966-2000), Libro bianco, (2000), Sassi da brodo, (2000) Esercizi su la fragilità, (2000), Solo nero (2001), tanto per citarne alcuni… Più recenti i lavori come Le Borse nere, grandi borse con le quali coinvolge in performances collettive artisti e scrittori, che vi nascondono alcuni dei loro lavori preferiti, per presentarli (o no), durante le azioni, e per mostrare anche l’intervento che hanno realizzato nelle pagine lasciate libere dell’ultimo libro di Elena.

Ma questa è solo una piccola testimonianza di una attività che non ha soste. Mi ha detto che il tema di una sua futura partecipazione sarà La Luna e l’altro.

Nell’agosto del 2007 ebbi l’occasione di un invito da parte del Sindaco Maurizio Della Rosa del Comune di Capraia Isola.

Il primo incontro Vento forte fu quindi realizzato partendo dalla mia casa e attraversando il paese con familiari e amici che trasportavano le “borse nere” in cui avevo messo ventuno grandi “Libri in piedi” e dodici piccoli: parteciparono Beatrice, Davide, Marida Bessi, Lorenzo Renzi, Scilla e le ragazze Perotti.

borse nere
borse nere

Sandra Landi, novembre 2009

Lo spazio scelto non è casuale: l’Istituto degli Innocenti è luogo di accoglienza e di cura, di arte e di incontro, di prestigiosa antichità aperto alla contemporaneità.

Qui non si incontreranno solo 39 artisti, poeti, scrittori, architetti e fotografi, ma anche adulti con bambini, tutti con le loro borse nere, in cui ciascuno avrà riposto il proprio nido di segreti, ricordi e desideri, la parte più intima del sé, per mostrarlo agli altri.

Non isole di individui, ma incontri di persone.

I bambini nella “Bottega dei ragazzi” sperimenteranno il fare intelligente – cultura della mente, labor di mani e di pensiero – per costruire le loro borse nere, e ogni oggetto che sceglieranno di riporvi potrà avere mille significati, una volta estratto dalla realtà e collocato nell’immaginazione. Basta fare come se e loro conoscono bene questo gioco. Tutto si può custodire: anche rabbie, paure e nostalgie. E la natura può essere un grande serbatoio di stimoli con le sue memorie di mare e di terra. Come dimostra tutta l’opera di Elena Salvini Pierallini.

La borsa di grandi e piccini si fa così rifugio, nascondiglio atto a nascondere, ma anche a conservare, a covare l’io bambino che non vuol morire, ma convivere con l’adultità alimentandola con il gusto del gioco.

Chi ha la borsa ben gonfia è invitato infatti a non tenersela ben stretta ma a farne borsanera senza compravendita, borsa dell’incontro. Borsa che può diventare sacca da saccheggiare, sporta da esportare, incavo da scavare.

ESP affascina, raccoglie e invita a andare, ciascuno con il suo fardello. L’importante è superare la staticità e andare.

Andare dove? “Non lo so, ma dobbiamo andare”, diceva Kerouac. Insomma andare da tutte le parti, ampliando il proprio “compasso dell’orizzonte” come invita Remo Bodei.

Staccarsi da qualcosa con cui si ha consuetudine, abbandonare la routine per andarsene ad venturam, spinti dalla curiosità e dal desiderio di scoperta.

D’altra parte il vero viaggiatore cerca vie senza mete e mete senza vie, sente il viaggio come un volontario perdersi che fa scrivere a Baudelaire:

Ma i veri viaggiatori partono per partire;

cuori leggeri, s’allontanano

come palloni,

al loro destino mai cercano di sfuggire

e, senza sapere perché, sempre dicono: Andiamo!

E l’anima questo veliero che cerca la sua Icaria dove vuole andare?

Non importa dove! Non importa dove! Purché sia fuori da questo mondo!

Così Elena Salvini Pierallini continua il suo viaggio, che è curiosità e invito a chi si sente costretto e imprigionato, a uscire dal nero – simbolo di costrizione e limite – a riconoscere il confine per superarlo, scavando nel nido delle memorie, predisponendosi ad aprire la borsa che fino a oggi l’aveva custodito. In un intrecciarsi di sguardi e di gesti ognuno alla ricerca di consonanze e condivisioni.

ESP è acqua che non si fa imprigionare, soffio di vento di mare, un frullar d’ali instancabile e sorprendente.

ESP è un suono di flauto magico, attrae chi è avvezzo a incantamenti: scrittore o poeta, artista o costruttore.

Quale il filo conduttore? Non essere legati al palo del pensiero fisso, non accontentarsi del qui e ora, non rinunciare alla ricerca della perfezione, come invitava Calvino.

ESP mette in piedi anche i suoi libri: Borse nere, insieme alle sue opere, raccolgono i segni che ogni invitato ha voluto tracciare, messaggi pure incompiuti, perché è l’incompiutezza a spingere sempre oltre.

ESP gioca col topos del viaggio come liberazione dai condizionamenti, per cercare una conciliazione con se stessi scavando ciascuno nel proprio nido-nido di ricordi, di dolori, delusioni, aspirazioni, idee – per una nuova apertura verso gli altri. Si apre la borsa e si mostra ciò che si vuole, alla ricerca di un’interazione profonda, fra chi non si accontenta della banalità della realtà, ma va a cercarne l’essenza.

Lasciando il passatismo di troppi benpensanti, la superficialità di chi vorrebbe ridurre l’arte a fast-food, lo spontaneismo millantato per innovazione.

Intanto alla ricerca di senso e di identità. E poi anche verso quella sensazione del sublime che Kant associava alla visione del cielo stellato, fino a “sfiorare la perfezione dell’esistere”, confessa Elena.

Voglia di intimità fra chi è avvezzo ad ascoltare i silenzi, fra chi ama la lentezza dell’approfondimento, la serietà del rigore, fra chi cerca di trasformare l’inquietudine in creazione, fra chi ignora il disincanto e sceglie l’incanto come pulsante di vita. Fra chi con l’immaginazione gioca in tutti i sensi e in tutti i versi, in quel gioco terribilmente serio della vita.

Chi non vuole farsi acrobata di questo circo triste, casa fa? Prende e parte.

Supera così il senso di impotenza a voler cambiare una società che non piace: corrode l’anima e la consuma privandola di slanci e ideazioni. Non è forse compito dell’arte varcare le soglie fra realtà e immaginario? La ricchezza dell’arte sta proprio nella dimensione dell’oltre, nell’alluso e nell’inespresso, nella ricerca spinta dalla continua sete d’infinito, dalla volontà di riannodare i fili fra umano e divino per dare corpo a un sogno.

Ma il viaggio della produzione artistica è sempre un viaggio peculiare, come quello libero e imprevedibile del vento, alla ricerca dell’insostenibile leggerezza dell’utopia.

Così, i raccontatori di storie – 39 artisti, architetti, fotografi, poeti o scrittori – con qualsiasi mezzo espressivo scelto, si apprestano a condividere, a riscoprire la dimensione del cum, per costruire nuovi valori. Non sono le lusinghe del mercato ad accomunare; consapevoli che la libertà non risiede nell’arbitrarietà dei comportamenti individuali; con la sua borsa nera ciascuno deciderà se e a chi mostrare le parti più preziose del sé qui custodite, alla ricerca di empatie.

Produrre un moto empatico capace di superare il solipsismo narcisistico imperante.

Il viaggio accende lo stupore, anima la curiosità, spoglia dalle abitudini, fa assaporare la libertà, libera dagli obblighi, accende speranze e attese, favorisce conoscenze, libera schemi mentali, grazie anche al continuo confronto con le diversità.

Non è certo vacanza-mancanza, il viaggio ha a che fare con la pienezza. Il viaggiatore come Ulisse insegue l’immaginazione, si esalta in una sete di curiosità stimolata da mille sirene, si misura con le tante diversità alla ricerca del senso della propria identità, si sradica dal passato per costruire una svolta in nuovo presente per un inedito futuro.

Così, come nel viaggio dantesco, la discesa dentro se stessi si fa ascesi meditativa: pazienza, fatica, profondità, ricerca del senso delle cose, ridefinizione dell’idea che si ha di se stessi, astrazione concettuale. Perdersi e ri- trovarsi. Volontà di decostruire una vita per poi ricostruirla nuova di zecca. Ma come in qualsiasi fiaba che si rispetti, occorrono gli aiutanti magici, affinché l’individuo sposi la figlia del re e viva felice e contento e gli aiutanti magici stanno proprio dove meno te li aspetti, magari sono lì, accanto a te, dietro mentite spoglie: la famiglia, gli amici, i colleghi, i vicini e i lontani pronti a vivere in una dimensione dell’insieme.

Elena con questa esperienza ci saluta con un eccetera invitante, suggerendoci che ancora una volta il viaggio non finirà qui, la sua arte è mercuriale e i suoi piedi hanno le ali.

galleria
tavolo

Il 26 settembre 2014, Manuela Mancioppi mi ha ospitato per l’evento Temporary Relationships presso la Saci Gallery in Via Sant’Antonino 14 a Firenze. Una proposta che mi piacque subito perché avrei avuto l’occasione di rivedere gli amici di Borse nere e lo spazio in cui Manuela ogni giorno aveva organizzato incontri. Vedo volentieri che molti artisti e scrittori che hanno lavorato sulle paginedelmiolibropartecipanorecandoconsélelorodiversenovità. Apprezzo i loro caratteri e i loro lavori, i nostri rapidi incontri hanno la leggerezza del movimento che ha a che fare con il vento. Ringrazio Manuela e tutti coloro che sono venuti serenamente a camminare nel labirinto dei nostri “Libri in piedi”.

Borse nere
insieme

Un nuovo incontro di Borse nere, Parco Mediceo di Pratolino, Vaglia-Firenze. A cura di ESP, in collaborazione con Manuela Mancioppi, con Aldo Frangioni, Alessandra Palma Di Cesnola, Alessandro Nutini, Andrea Marini, Antonella Bussanich, Antonia Fontana, Carlo Sain, Caterina Meniconi, Elda Torres, Fausto De Landro, Giacomo Verde, Gianni Caverni, Ines Romitti, Luca Leggero, Luciana Floris, Manuel Perna, Manuela Mancioppi, Marilena Mosco, Nadjia Chekoufi, Pierangelo Pierallini, Pietro Messina, Rachel Morellet, Raffaele Di Vaia, Sandra Landi, Simoncini.Tangi, Stefano Tondo, Tatiana Villani, Walter Romani.

Un momento di incontro-scambio tra 30 artisti, scrittori, attori, danzatori, un happening che prevede l’intervento installativo-performativo dalla durata di un pomeriggio, nello splendido scenario del Parco Me- diceo di Pratolino.

Ogni artista è chiamato ad intervenire, attraverso l’utilizzo di una borsa nera di qualsiasi forma e dimensione, portando alcuni propri lavori rappresentativi da poter installare all’aperto o un’azione performativa da svolgere. Il luogo espositivo-performativo è adiacente all’edificio di Buontalenti del 1580, le scale, gli appoggi e gli spazi limitrofi. Ognuno ha a disposizione il libro Borse nere di ESP, che offre alcune pagine nere libere per un intervento.

borse nere
Manuela Mancioppi e Rachel Morellet, doppia performance:
cappello alter state di R. Morellet e maglie relazionali Dark Dream di M. Mancioppi.
Andrea Marini e la sua opera su Borse nere, Luciana Floris, Cecco Ragni, Sandra Landi.
Raffaele Di Vaia e i figli, Caroline Gallois, Manuela Mancioppi, Sibilla Pierallini, Pietro Messina, Marilena Mosco, Ines Romitti, ESP.