La visita a sorpresa di Flora, dopo la sua notte insonne. Foto Pierangelo

Il mio quotidiano è stato costruito anno dopo anno con lo scopo di arricchire le ore e non creare inutili contrasti.

Mi piace esaminare rapidamente i ricordi della mia famiglia d’origine, nella quale non ho subito contrasti insuperabili. Mi rimangono alcune memorie antipatiche nei rapporti con mia sorella che aveva tredici anni più di me, che adorava lo studio e il rigore, a ventidue anni era già professoressa di matematica e fisica.

Mio padre, alto, bello, simpatico e tranquillo amava alzarsi alle quattro di mattina e, quando poteva, partire con amici e qualche cane. Quando fu più anziano partiva per ammirare l’alba, il respiro del bosco, e godere del silenzio. A lui devo forti emozioni a contatto con la natura appena sono stata capace di camminare a lungo.

Avendo suonato il violino fino da quando avevo cinque anni ho partecipato a concertini. Mi facevano foto che ammiravo esposte perché si comprassero. Mia madre, a cui mi raccomandavo di prenderne qualcuna, mi diceva di sì ma poi non si muoveva, era sempre troppo presa dalla famiglia e dalla sua attività.

Dai quindici anni in poi con lei è stato un idillio. Mi lasciava abbastanza libera nonostante i furiosi contrasti di mia sorella. Io aiutavo con piacere mia madre facendo i disegni che le occorrevano per il suo lavoro: mi era grata anche per i viaggetti che insieme si riusciva ad organizzare.

Mio fratello studiava e faceva i dispetti. Per esempio a tavola teneva tutti con il fiato corto perché nelle attese costruiva piramidi di bicchieri che rischiavano di crollare ma non succedeva. Aveva appena compiuto diciotto anni quando fu richiamato in guerra ed è stato assente con gravi e tragici episodi per qualche anno.

Tornato a casa sviluppava progetti, costruiva apparecchi (le prime televisioni) e frequentava ingegneria elettrotecnica a Bologna.

I rapporti della mia nuova famiglia sono stati positivi, si tratta di una consuetudine di più di mezzo secolo, ricordi splendidi e ricordi un po’ faticosi. Pierangelo, Beatrice e Sibilla, Davide e Franco, Nicola e Palmira rappresentano per me l’umanità più vicina e affettuosa, penso che sarebbe stato difficile pretendere di più.

Quando ho l’occasione di cercare qualcuno che da anni non frequento, magari per preparare la lista degli inviti per un’esposizione, mi trovo davanti 4 o 5 agende piene di nomi.

Alcuni amici non ci sono più, con alcuni per ragioni di mancanza di tempo o di lontananza non mi è stato possibile mantenere un rapporto. Trovo nominativi di persone con le quali ci siamo fatti promesse, personalità che mi hanno affascinato e che sarebbe stato splendido frequentare. Non aver approfittato di eventuali tesori da scoprire mi addolora.

In un mio libro Esprimere il tempo ho potuto ringraziare molti che mi hanno arricchito umanamente e hanno favorito il mio lavoro. Qui di seguito accenno a ricordi che mi confondono, che mi assillano, che non riesco a riordinare perché sono vivi nella memoria ma accaduti troppo tempo fa.

Questo frugare nel passato mi è inusuale e altalena tra piacere e sconforto. Mi appare quasi impossibile fare ordine in una materia che risveglia emozioni, sentimenti positivi e il contrario. È la fatica del proseguire l’esistenza che spinge, urta o carezza. Apre porte subito chiuse. Sento il rammarico di situazioni che non si sono sviluppate. Tento di separare il pensiero delle perdite dai successi: è un combattimento interno mai affrontato perché ho vissuto per anni di corsa, sbattendo, urtando, cercando di obbedire alle mie esigenze e sempre rispettando la vita di chi mi stava vicino. Quando amiche care, persone a cui tenevo, mi hanno dimostrato di essere possessive, aggressive, esigenti e portate a limitare la mia libertà le ho rapidamente cancellate dalla mia vita.

Nel tempo sono stata emozionalmente delusa e dispiaciuta da rapporti preziosi con amiche con cui ho troncato i rapporti per traumi dovuti a comportamenti incomprensibili, mi è dispiaciuto molto non poter proseguire la nostra amicizia fino ad ora, particolarmente con Romola e Raffaella.

Viaggiando si verificano incontri che poi rimangono vivi nella memoria e se anche, in seguito, non ne abbiamo avuto un reale beneficio sono un cenno del destino che arricchisce i nostri ricordi.

È difficile seguire un elenco di persone che desidero ricordare tenendo conto dei tempi reali. Confesso che sento di apprezzare ricordi più come si presentano piuttosto che datarli ordinatamente.

Uno dei rapporti su cui la mia mente torna spesso è quello con Flora Wiechmann Savioli. Momenti trascorsi insieme che mi si presentano vividi, gradevoli, saturi di pensieri positivi, di scoperte. Mi fa piacere ringraziare qui l’architetto Mariella Sgaravatti Poli che volle portarmi da lei dicendomi: -Tu parli proprio come Flora- Si sviluppò infatti tra noi una simpatica intesa: non c’era possibilità di lamento, nessuna interferenza che potesse guastare la gioia di scoprire un nuovo fiore o ombra in giardino, una lettera da rileggere di Leonardo, qualche pensiero o frase di altri. Un giorno mi lesse e mi donò una lettera che l’architetto Michelucci aveva scritto dopo la morte di Leonardo.

Caro Leonardo vengo a turbare per qualche 
momento il tuo sonno. Vengo a “svegliarti” perché 
per me non sei morto.
Altri, diversi da te, sono morti o muoiono perché 
“non hanno creduto” in qualcosa che è immortale: 
o negli uomini, ad esempio, o nella scienza o in 
altre meravigliose manifestazioni dello spirito 
come è l’architettura o la musica.
Io non so con precisione in ciò che hai maggiormente 
creduto, ma so che il tuo pensiero è stato sempre 
alla ricerca di una città nuova, di un mondo
dove la vita possa viversi in modo attivo, 
creativo.
E di questa città o di queste membra della città, hai fatto disegni 
bellissimi che stanno a dimostrare la tua
certezza che esse –le membra- un giorno si 
ricongiungeranno e organizzeranno per costruire 
un corpo unico “post-Cristo”. Perché la sofferenza, 
il dolore per le guerre, la fame, le ingiustizie,
non avranno bisogno di una Croce per essere 
espressi, ma saranno incisi, segnati, scavati 
nel volto degli uomini a testimoniare
la maturazione e la consapevolezza da essi 
raggiunte in virtù delle esperienze millenarie, 
tragiche più spesso che serene, vissute.
Caro Leonardo, io ti ho visto sul “letto di 
morte” a breve distanza dal tuo ultimo respiro.
Eri una piccola cosa, immersa
in una grande stanza -un garage- distruttiva 
in ogni senso di vita e umanità. Eri solo, per 
il momento; restammo -tu ed io- qualche 
tempo sgomenti, abituati come eravamo
ad incontrarci nella campagna fiesolana 
vagabondando.
Poi, poco dopo, in questa solitudine avvertii più profondamente 
la verità dell’eterno ritorno, della cancellazione
della morte. Così come tuttora l’avverto,
commosso dall’affetto che ti porto, dalla comunione 
di fede che ci ha legati e ci lega.
I morti come te mi sono compagni di vita 
anche perché
portano il mio pensiero in uno spazio 
immenso dove mi muovo con 
sentimento di riconoscenza.
Tu, amico carissimo, eri e rimani per me perennemente 
in viaggio un viandante che sempre
percorre vie diverse per giungere alla “verità”
Ti abbraccio
Giovanni

Ogni volta mi mostrava opere sue o di Leonardo, alcune di tanti anni prima, altre più recenti o eseguite da qualche ora. Ricordo di averla chiamata un giorno particolarmente freddo. Era sola come accadeva spesso ma iniziò a lodare il grigio delle nuvole, il vento, le canne con il loro fruscio ed io mi sentivo partecipe di questa natura apprezzata e goduta da uno spirito che aveva la forza di ammirare tutto.

Flora, 2009. Foto ESP

Oltre la lettera di Michelucci vorrei dare l’opportunità di leggere la lettera che Flora mi portò all’inizio della nostra amicizia.

Arrivò a sorpresa una mattina presto (eravamo ancora in pigiama) in Via Masaccio da Via delle Romite al Galluzzo, dopo aver preso due autobus, per darmi il benvenuto nella sua vita.

La ricordo generosa di piccoli doni e di parole gentili: mi metteva al corrente di quanto la riguardava, di cosa aveva costruito via via nella calma delle sue giornate.

Ammiravo tutto nella sua casa ma dimentico volentieri l’ultimo periodo quando non poteva più stare sola e trovavo che tutto via via veniva modificato. Flora lasciava fare ma il suo buonumore, la sua serenità entravano in uno stato di attesa, forse un desiderio di partenza.

Da Flora Wiechmann Savioli

Cara Elena, devo dirti che l’incontro con te, con il tuo, vostro mondo mi ha letteralmente entusiasmato, mi aiuta a mantenere il mio focherello acceso e io spero mi permetta di poter fare ancora qualche piccola cosa.

Devo confessarti che non ero preparata alla (questa) visione perché quel dono dei librini magici che mi donasti non li trovavo più e l’ho scoperto oggi al mio ritorno a casa ed ho visto quindi per la prima volta le tue magie stampate! Ma ci pensi che cosa straordinaria averli scoperti proprio oggi per la prima volta?

Vorrei stare con te, farti vedere i miei “balbettii” ma la tua giornata deve essere colma… grazie a presto!

Ti abbraccio forte,

grazie per il tuo bellissimo dono

delle foto che mi piace tenere

davanti a me e dei librini “magici”

Spero a presto!

26-27 notte dopo essere stata da te !

Tra le mie mani ho un dono di Flora, una delle collana di carta e finte perle, che eseguiva durante le notti insonni.

Ricordo che mi raccontava di avere trascorso tante altre notti in compagnia di Leonardo malato. Il lieve rumore provocato dal continuo eseguire linee con la china su carta creava una musica particolarmente apprezzata da Leonardo che la sollecitava a continuare queste creazioni così particolari e affascinanti.

ESP e Flora, Casa Savioli in Via delle Romite. Festa per i 90 anni di Flora. Foto Pierangelo.
Lara-Vinca Masini alla festa per i 90 anni di Flora. Foto ESP.

Prima di questo periodo spesso mi parlava della sua amica Lara- Vinca Masini. Fino ad allora avevo letto libri e sapevo del suo interesse per l’arte e l’architettura contemporanea; sapevo che era nota a molti ed era circondata da stima e apprezzamenti per il suo carattere forte, indipendente, libero.

A proposito di libertà quando venne a casa mia a conoscere i miei lavori preparai un biglietto che poi le feci leggere:-Se troverà buone parole per quello che faccio sarò felice, altrimenti andrò tranquilla avanti a fare quello che mi sento di fare -.

Non so se Lara si ricorda di questo ma so con quanto piacere da anni ci incontriamo.

Per me vederla, abbracciarla, ascoltare cosa le va di dire rappresenta un acquisto interiore che mi fa bene.

Ogni volta che ci sentiamo mi pare che qualcosa si sia aggiunto. Sempre si apre un varco da cui scoprire e magari apprezzare una novità o un punto diverso da quello che penso e so.

Il suo carattere energico e le sue affermazioni difficilmente insicure mi spingono ad approfondire e chiarire le mie convinzioni, le mie idee. Nell’anno 2002 Lara-Vinca tenne delle lezioni sull’arte contemporanea al Quartiere 4 di Firenze. Fu un po’ difficile convincere Pierangelo a cenare prima e andare.

Dopo la seconda lezione venivo spinta ad affrettarmi per paura di arrivare in ritardo.

Per me era un ripasso e qualche lacuna da cancellare per altri rappresentava la scoperta di mondi da rispettare e amare.