Temo che l’arte non possa cambiare il mondo. Se l’uomo progetta e realizza qualcosa di veramente unico, qualcosa che diventa un riferimento, qualcosa che emoziona, affascina e appaga, può procurare delle aperture, dei suggerimenti per migliorare la vita di alcuni.

Le persone che vedono una bella architettura, che ammirano una statua o un quadro, che respirano un luogo dove, in silenzio, possono guardare ciò che altri hanno costruito anche per loro, sono dei privilegiati.

Guardare ciò che altri uomini o donne hanno costruito con il loro pensiero, impegno, abilità arreca un senso di fiducia, di speranza e migliora la vita.

Mi fa piacere descrivere un ricordo abbastanza recente.

Con Pierangelo eravamo in Danimarca, ad Aros. L’Aarhus Kunstmuseum, che si stava visitando era modernissimo e sorprendentemente ampio.

Lo stavamo ammirando ed eravamo entrati dappertutto, avevamo scansato solo l’ingresso di un’esposizione di Rauschenberg.

A Firenze, al Forte Belvedere molti anni prima ne avevo ricevuto una brutta impressione e non volevo sciupare questo senso di ammirazione e soddisfazione che mi procurava il luogo. Pur di non uscire da quell’edificio si decise di entrare anche da Rauschenberg.

Ne siamo rimasti affascinati.

Erano assemblaggi di oggetti e materiali vari. Impossibile fotografarli, ma la loro presenza creava in noi una sorta di attrazione. Erano pezzi di materiale accostati con strani criteri, incomprensibili ragioni, affascinanti accostamenti di colori, suscitavano in noi allegria e condivisione.

Gli uomini riescono ad accumulare giorno dopo giorno montagne di rifiuti.

L’idea che si possa utilizzare di nuovo materiale di scarto e attrarre l’ammirazione di qualcuno è già cambiare un po’ il mondo.

In momenti di crisi aumenta la necessità di distrarsi: poter trovare che qualcuno ha avuto energia e idee, per soddisfare se stesso e proporre ad altri qualche idea nuova, qualche possibilità inaspettata, può risultare una benefica apertura attraverso cui tirare un sospiro di sollievo.

Foto ESP