Avevo otto anni quando iniziai a pensare che avrei fatto l’architetto, già allora lo spazio suscitava il mio interesse. Per esempio era un godimento passeggiare intorno allo stadio di Nervi.

Durante le Medie ero la “disegnatrice”: alla fine delle Medie mia sorella andò ad iscrivermi al Liceo Artistico ma non le piacque e tornò con la brutta sorpresa di un’iscrizione al Liceo Classico. Sparì la materia DISEGNO. Frequentavo il Liceo Michelangelo in Via della Colonna.

Per me una sofferenza durata fino alla maturità: ricordo però che gli anni del Ginnasio, ignorando i problemi di studio e i professori, furono tali che io mi ripetevo “Fermati tempo”.

Non studiavo: ogni pomeriggio a ballare in una casa o in un’altra e a scoprire la città. Durante le ore di scuola tante birbonate, tanta allegria. Stavamo sempre in tre. Patrizia, Franca ed io.

Firenze, novembre 1949. Franca Mazzarella, Patrizia Arnone ed Elena in Piazza d’Azeglio, vicino al Liceo Classico Michelangelo.

Al Liceo fu dura e iniziai a sentirmi più responsabile. Durante tutti questi anni avevo un’attività che mi permetteva di tenere la matita in mano.

Aiutavo mia madre eseguendo i disegni per le sue commissioni di tovagliato che ci procuravano alcuni nobili fiorentini viaggiando sui grandi transatlantici diretti a New York e poi fino in California e Florida.

Questi serviti venivano presentati come “Conversation pieces” perché erano costituiti da tanti disegni che si prestavano ad essere argomento di conversazione.

Feci un esame integrativo all’Accademia di Belle Arti. Seguirono quattro anni vissuti liberamente. Al mattino frequentavo poco i corsi di scenografia, il professore Gianni Vagnetti arrivava per poco e raramente. In una delle visite mi trovò al cavalletto con una scena appena terminata. Disse:-“Abbastanza buona tranne quel cavolo (un albero) nel centro”. Alle spalle avevamo l’assistente prof. Merlo che aveva modificato proprio l’albero. Rimase malissimo e da allora fino agli esami del quarto anno il nostro rapporto fu molto faticoso.

Invece ebbi un ottimo rapporto con l’architetto Renato Baldi che mi fece fare disegni bellissimi di architettura scenica e mi consigliò alcuni libri che risultarono formativi e utili. È stato il professore all’Accademia per il quale ho lavorato di più. Mi ha insegnato scenotecnica e per lui ho preparato una tesi sulle case coloniche.

Meritai 30 e lode per questa ricerca in un momento particolare: quando queste case erano ancora abitate da famiglie di contadini. Erano case aperte, semplici ma solari. Intorno animali e bambini, nei cortili c’erano ancora appesi ai muri i vecchi arnesi. Una reciproca curiosità rendeva piacevoli i rapporti.

I pittori Franca Barbara Frittelli e Ken Tielkemeier. Al termine dei miei studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze li avevo contattati sapendo che Franca Barbara aveva vinto una Fulbright, (borsa studio americana) che spettava a chi aveva risultati migliori al termine dei quattro anni di studio, per questo motivo anche io ho avuto il diritto di concorrere ma purtroppo all’esame di inglese risultai forse ingiustamente insufficiente.

A Franca la Fulbright aveva dato la possibilità di vivere in una comunità di Pellerossa, per lei era stata una bellissima esperienza e aveva poi sposato Ken un artista americano. Quando sono tornati in Italia, sono venuti ad abitare vicino alla nostra casa, nonostante questa vicinanza i contatti non sono stati molti per ragioni di mancanza di tempo, ma mi fa piacere ricordarli con questa foto.

Barbara Frittelli e Ken Tielkemeier, di ritorno da New York. Foto ESP.